“Le tecnologie del web hanno prodotto una rivoluzione pari a quella innescata da Gutenberg, con l’invenzione della stampa”. Non esagera Lorenzo Sassoli de Bianchi quando afferma questo.
Il Presidente dell’UPA è ben conscio dell’influenza dei Social Media nel panorama mediatico globale. Ai primi tre posti della classifica dei “100 Most Influentials“, secondo The Guardian – le 100 persone più influenti dei media del Regno Unito -, figurano Mark Zuckerberg (Facebook), Jack Dorsey (Twitter) e Larry Page (Google).
Le innovazioni tecnologiche e la loro adozione da parte degli individui è più veloce delle aziende, dei media e delle stesse istituzioni (le meno sensibili ai cambiamenti, quindi le più lente).
Lasciando da parte la componente edonistica, che è in qualche modo congenita nella diffusione del fenomeno “Me Media”, da questo dato emerge che una fetta crescente di persone in tutto il mondo chiede maggiore chiarezza e trasparenza al potere mediatico.
Ciò accade proprio quando l’impero di Murdoch, il maggiore editore mondiale (al 5° posto della lista di The Guardian), sembra vacillare travolto dagli scandali delle intercettazioni che hanno coinvolto alcuni dei suoi giornalisti e collaboratori di punta. L’interrogativo è: chi controlla questo immenso potere, e come? Se si pensa a quante volte i governi hanno invece provato a mettere il bavaglio ad Internet, per esigenze di “controllo” appunto, viene da dire che il destino sa essere davvero beffardo a volte.
Questa vicenda incrocia l’evento più rivoluzionario da Gutemberg ai giorni nostri e accelera il passaggio di consegne tra il vecchio e il nuovo che avanza, tra i media del controllo e i media senza mediatori. Chi controllerà i piccoli divenuti improvvisamente grandi ora che la diffusione capillare dei social media fa venir meno il patto tra Stati ed establishment? Quale autorità, con quale autorità?