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Aziende e social media: 4 trends per il 2010

febbraio 3, 2010

L’azienda social? Un’opportunità che le aziende oramai percepiscono come determinate per rapportarsi direttamente ai propri consumatori, anche se spesso sono accomunate dalla mancanza di progettualità e di sforzi coordinati per affrontare con successo le nuove sfide.

Per una strategia di successo è essenziale identificare gli obiettivi, sviluppare un piano e solo allora scegliere gli strumenti di web marketing per raggiungerli.

Secondo Jeremiah Owyang,  Web Strategist e autore delle .ppt che posto, le aziende devono essere pronte a reagire ai rapidi cambiamenti del mercato (anticipare i bisogni dei consumatori), monitorare eventuali rischi per la brand, reagire al negative buzz da parte dei consum-attori. Delinea dunque 4 Key Trends per il 2010 basati sulla comprensione del comsumatore (consulta la presentazione) .

2.0 evoluzione dell’impresa innovativa

aprile 5, 2009

A che punto è l’impresa 2.0 in italia, quante aziende hanno intrapreso quel percorso che prevede l’utilizzo degli strumenti del web 2.0 per comunicare al loro interno e/o con i propri clienti? Se ne è parlato nel corso del convegno 2.0: evoluzione per l’impresa innovativa organizzato da Siris Media a Palazzo Castiglioni (Milano) Alfredo Gatti, di Nextvalue a c6.tv parla dei dati emersi dall’ultima indagine sull’enterprise 2.0, che evidenziano un certo interesse da parte delle aziende a sperimentare nuove strade nel loro modo di comunicare, una situazione non dissimile da quella di altri paesi europei

Tra gli spunti che ho trovato più interessanti, quello di Paolo Spada, Amministratore Delegato Siris Media Factory, che ha definito il web 2.0 non è solo uno strumento, ma anche un comportamento. Come tale pertanto andrebbe appreso per diventare un vero e proprio approccio al lavoro, un working style 2.0 Quanto poi al comportamento dei consumatori sul Web, Spada individua 4 motivi per cui gli utenti sono interessati a parlare di un’azienda:
– perché la amano: in questi casi, bisogna entrare in contatto con loro
– perché la odiano: in questi casi dialogare, senza essere aggressivi può essere un approccio valido – perché stanno cercando informazioni sulla stessa: in questo caso è bene fornire delle risposte
– perché nessuno ne parla: allora bisognerà fornire motivi di conversazione.

Storie di successo:
Facebook è il social network del momento con i suoi 175 milioni di iscritti nel mondo ed è anche una grande opportunità per le aziende e i personaggi pubblici: il gruppo Nutella ha 3 milioni di fan; il gruppo Obama ne ha 6 milioni.

Alcuni esempi di blog di successo: 
–  studioillegale: un avvocato, amareggiato dal lavoro, lascia lo studio e apre un blog in cui scrive esperienze e delusioni legate al proprio lavoro;
 – thehuffingtonpost: il diario di arianna huffington che in breve tempo è divenuto un magazine con milioni di iscritti.

Altri casi con gli utenti protagonisti:
my football club: 32 mila soci, 35 sterline a testa per acquistare una squadra di calcio uk. i soci collaborano per decidere le formazioni, danno opinioni su calciatori e allenatore ecc.
my starbucks idea: della celebre catena di caffetterie che ha recentemente lanciato un’area del sito per invogliare gli utenti a “modellare il futuro di Starbucks”, chiedendo loro opinioni e idee su prodotti/servizi offerti e che vorrebbero vedere realizzati. Qualcosa di simile in Italia è stata fatta dal Mulino Bianco.
– the best job in the world: singolare concorso per lavorare come guardiano presso l’isola Hamilton.

Tommaso Valle, Managing Director Burson and Marsteller ha parlato di reputazione menzionando 2 storie come quella di Target, azienda statunitense di abbigliamento messa sotto accusa per la sua campagna pubblicitaria definita sessista da una blogger.

La risposta dell’ufficio stampa dell’azienda è stata: “Target non rilascia informazioni a media non tradizionali (…)”
Risultato: la polemica si è allargata in rete fino a contare 7 mila post pubblicati contro Target e il fatto è stato ripreso anche da un articolo del New York Times.

La reputazione in rete è fatta anche e soprattutto di sedimentazioni: singole e molteplici tracce che rimangono, perché sul web nulla perde di visibilità.

In Italia, emblematico il caso Carrefour, in cui Black Cat, blogger e mamma racconta cosa è successo al figlio autistico in un centro Carrefour ottenendo 1000 risposte indignate della gente in appena 24 ore. Nei 2-3 giorni successivi, il fatto è stato ripreso anche da altri blogger, tra cui diversi giornalisti e dal web finisce sui media “tradizionali”(stampa e TG). Ancora oggi, cercando la parola Carrefour su Google, la vicenda appare tra i risultati della prima pagina.

Qual è la ricetta per non incorrere in un cattivo buzz nella Rete? Burson consiglia:
– ascolto e analisi: valutare la presenza della nostra azienda sul web e la sua reputazione.
– distribuzione e partecipazione: distribuire contenuti, ad esempio con oursocialmedia.it, il social media release che diventa post e contiene contributi audio-video (podcast, foto, filmati) veicolabili su qualsiasi dispositivo digitale. Partecipare alla grande conversazione del Web per costruire relazioni di fiducia con gli utenti.

Aziende e consumatori. la multicanalità lascia o raddoppia?

gennaio 30, 2009

 Appunti del convegno “Aziende e consumatori: la multicanalità lascia o raddoppia?” tenutosi ieri al Politecnico di Milano, Campus Bovisa.

I risultati della ricerca 2008 condotta su panel Nielsen confermano una crescente propensione del consumatore italiano alla multicanalità: sono ormai 7,2 milioni gli italiani la cui decisione d’acquisto e relazione con la marca sono determinate dall’interazione con molteplici canali di comunicazione.

Di seguito alcuni spunti dalle relazioni (scaricale qui) dei protagonisti accorsi all’evento:

Internet oltre la scrivania: scenari e prospettive (Cristina Papini, sales and project manager, nielsen online).

Analisi risultati osservatorio 2008 sull’utenza Internet:

– a dicembre 2008, internet conta 22 milioni di utenti che vi navigano più di una volta al giorno almeno per 50 minuti. di questi, il 55% sono uomini e il 45% donne (+4% rispetto stesso periodo 2007). Sedici milioni, cioè il 76% dei navigatori, sono gli utenti del web 2.0. di questi, 9 milioni gli utenti dei blog
– crescono gli utenti, cresce sempre più il tempo dedicato
– cambia l’approccio dell’utente nel cercare informazioni: non più ricerca verticale (cioè dall’alto), ma circolare: sempre più spesso l’utente cerca informazioni “tra pari” (blog e social network), vedi fenomeno Facebook (6°posto nella classifica dei siti più visti in italia nel 2008, 4° posto a livello mondiale)

in questo contesto, diventa fondamentale per l’azienda mettere il consumatore alla guida, cioè cercare di coinvolgerlo il più possibile nella filiera produttiva (es. Fiat 500)

Tipologie di consumatori:

– indifferenti (alle nuove tecnologie e multicanalità): 25%
– esclusi (che, per un motivo o per l’altro, è escluso. si tratta soprattutto delle fasce della popolazione caratterizzate da basso reddito e scolarità ridotta): 18%
– tradizionali coinvolti (quelli già pronti a e desiderosi di accedere al multicanale, ma privi della tecnologia appropriata[1]): 21%, cioè 1.3 milioni in meno rispetto al 2007. ciò significa che questi 1.3 milioni di consumatori sono emigrati nelle ultime due categorie
– reloaded: 14%, con + 1,7 milioni rispetto al 2007
– open minded: 22%, +0,9 milioni rispetto al 2007

Queste ultime due categorie sono le più interessanti, in quanto formate da consumatori moderni e dinamici, dotati di una grande conoscenza di internet e tecnologie. ma sono anche i più “pericolosi”, perché, in virtù delle loro conoscenze, tendono a cambiare e quindi difficilmente restano a lungo fedeli a una marca.

Internet come canale d’acquisto:
in Italia si opera ancora poco in questo senso: a dicembre 2008, solo il 7% degli internauti aveva acquistato su internet. Si tratta delle fasce più istruite e con un’alta disponibilità di spesa, quindi ancora reloaded e open minded. Questo genere di utenti è anche più propenso e interessato a ricevere alert via sms.

Una delle barriere più forti alla multicanalità resta il pagamento: la maggior parte dei consumatori non si fidano di pagamenti a distanza e/o anticipati.

 Le possibilità del cellulare:

– nell’ultimo trimestre del 2008, il 15% dei possessori di un cellulare in italia l’ha usato per connettersi a internet; si tratta di 7,7 milioni di persone
– vengono visualizzati col cellulare soprattutto i siti di informazione

Internet e le aziende:

– da luglio a ottobre 2008, il numero di aziende che ha investito nell’online è aumentato dell’11%
– +19% di investimenti in mobile advertising (si tratta soprattutto di aziende di telecomunicazioni e finanza/assicurazioni

L’evoluzione del consumatore multicanale in italia (Giorgio Ferrari, media, entertainment and durable industry manager, Nielsen.

La ricerca svolta nel 2007 aveva evidenziato una diffusa insoddisfazione da parte della popolazione italiana rispetto alla disponibilità e alla chiarezza di informazioni utili a orientare i propri acquisti. Ora, forze opposte tendono a schiacciare la capacità di spesa del consumatore: da una parte, il potere d’acquisto è più basso (cause: crescita dei salari inferiore al tasso di inflazione reale; pressione fiscale; maggiore ricorso a indebitamenti  e al credito al consumo); dall’altra parte, agisce un aumento del costo della vita (oltre a beni di prima necessità, sono aumentati decisamente anche costo del denaro e mutui).

Azioni di “difesa” messe in atto dal consumatore:

– cerca di non cambiare: innanzitutto, in uno scenario così incerto il consumatore cerca di proseguire con i propri stili di consumo, cerca promozioni, confronta i prezzi
– cerca delle alternative: se non soddisfatto, cerca delle marche equivalenti a più basso costo
– switch di canale/rinuncia: comportamento estremo .

Il processo d’acquisto degli italiani:

– ciò significa che il consumatore non si pone più in modo superficiale all’acquisto, bensì agisce spinto da una sempre maggiore attenzione e sforzo valutativo
– i consumatori aumentano il tempo dedicato alla ricerca di informazioni, prima e durante l’acquisto.

I canali di ricerca delle informazioni:

– l’85% degli intervistati considera internet il canale più importante (+11% rispetto al 2007), soprattutto per verificare e comparare i prezzi
– l’85% considera però il passaparola come il canale informativo più affidabile
– il 27% dichiara di ricercare le opinioni altrui soprattutto su internet (+5% rispetto al 2007)

…allora è giusto dire che internet influenza le decisioni d’acquisto? decisamente sì per le fasce reloaded e open minded: il 28% degli open minded dichiara di non comprare il prodotto dopo aver letto un giudizio negativo su internet; il 28% dichiara di comprare dopo aver letto un giudizio positivo su internet; il 40% dei reloaded dichiara di non comprare il prodotto dopo aver letto un giudizio negativo su internet; il 28% dichiara di comprare dopo aver letto un giudizio positivo su internet; il 37% dichiara di comprare dopo aver letto un giudizio positivo su internet

Come raggiungere i target:

– al 1° posto: si conferma la tv, anche se con modalità diverse: i programmi del mattino e del pomeriggio toccano soprattutto i consumatori tradizionali; quelli della sera raggiungono invece tutti i target considerati
– al 2° posto: internet, quasi esclusivamente per consumatori open minded e reloaded
posto: stampa
– al 3°posto: radio

L’audience dei siti aziendali

– 72% degli utenti che visita un sito aziendale è mosso dalla necessità di avere maggiori informazioni sui prodotti
– il 45% è mosso da curiosità

Conclusioni:
nel 2008, persiste una sostanziale insoddisfazione rispetto a disponibilità e chiarezza delle informazioni. Tuttavia, la fruibilità da parte dell’utente risulta in miglioramento soprattutto grazie a un  maggiore investimento di tempo nel processo di acquisto e a una maggiore penetrazione tecnologica

Armando Garosci, giornalista di Largo Consumo
Il concetto di multicanalità molto ampio: interessa sia i canali di comunicazione verso i consumatori, sia quelli attraverso cui il consumatore entra in contatto con prodotti e servizi. Garosci è critico sull’idea delle aziende che vanno su facebook: dà visibilità, ma ci sono realmente dei ritorni?

Cita una serie di aziende come veri esempi di multicanalità:

– eataly (http://www.eataly.it): (1) marchio che racchiude una serie di aziende di alimenti tipici che offrono i loro prodotti di qualità a prezzi sostenibili, con il patrocinio di slow food; (21) prodotti acquistabili anche online; (3) intesa san paolo è business partner, cui viene riservata un’area espositiva in ciascun centro; (4) comunicazione forte e coerente con la stampa
– feltrinelli (http://www.lafeltrinelli.it): (1) acquisto online; (2) affiliazione di siti; (3) programma degli eventi; (4) feed rss su libri, musica, cinema e promozioni; (5) scaffale su facebook e widget scaricabile
– chicco (http://www.chicco.com) : (1) catalogo abbigliamento e cura del bambino; (2) promozioni; (3) newsletter che segue le tappe del bambino
– ikea (http://www.ikea.com): (1) catalogo anche navigabile; (2) assistente virtuale ecc.
– riso scotti (http://www.risoscotti.it/): (1) azienda con forte vocazione innovativa; (2) sviluppa una newsletter sinergica sul sito; (3) ricette e “mondoriso”; (4) grande sinergia con il cliente

I progetti delle aziende italiane a raggi x: sarà una lunga marcia…(Giuliano Noci, ordinario di marketing al politecnico di milano)

– con la crisi, previsioni “apocalittiche” per l’investimento in advertising sui mezzi di comunicazione di massa
– crescente ruolo di internet
– ancora molte, in italia, le aziende “miopi” (scarsa consapevolezza del potenziale multicanale, basso livello di integrazione tra i diversi canali): sono quelle aziende convinte che i clienti abbiano un basso potenziale rispetto ai new media
– ci sono poi le aziende “vorrei ma non posso” (elevato livello di consapevolezza del potenziale multicanale ma scarsa integrazione tra canali diversi): si tratta di imprese in cui vi sono manager pionieri e moderni, frenati però da un contesto aziendale inerte nei confronti del cambiamento
– il gruppo più numeroso nel nostro paese è quello delle aziende “vorrei ma non riesco” (elevato grado di consapevolezza circa le potenzialità del multicanale, ma poca integrazione tra canali comunicativi differenti): non vi sono manager pionieristici; è tutta l’azienda a possedere consapevolezza e storia nell’affermazione del multicanale, ma manca comunque l’organizzazione adeguata per andare avanti
– aziende “yes we can”: sono quelle che eccellono da entrambi i punti di vista; peccato però che in italia siano ancora molto poche (es. fiat)

Considerazioni.

L’individuo si muove sempre più in una logica di sinergie di canale: sempre più spesso la pubblicità tradizionale (quella sui mass media) si traduce in ricerche su web o altri canali ancora.

Sul fenomeno della tv attenzione: la tv non ha perso il proprio potere di influenza sui processi d’acquisto; cambiano il ruolo e i meccanismi di fruizione. tuttavia bisogna considerare anche che molti programmi sviluppati per la televisione vengono poi visti su un canale web.

I blog, le comunità online, giocano un ruolo sempre più preponderante nell’influenzare le decisioni d’acquisto; attenzione però a non cercare di “ingannarli”: gli aficionados spesso riescono a smascherare chi finge di essere qualcuno d’altro (es. chi finge di essere un acquirente per parlare bene del proprio prodotto/servizio).

Cambiamenti a livello di communication mix.

La situazione è complessa: i canali di comunicazione di massa rivestono sempre e comunque una certa importanza, in quanto agiscono soprattutto su awareness e interest. Serve un nuovo modello basato sul coinvolgimento e l’interazione con il pubblico, che è al contempo un “amplificatore” di messaggi (vista l’importanza del passaparola)

– abbandonare la logica di media a favore della logica di ambiente interattivo
– coinvolgimento individuale del consumatore in ottica di co-creazione
– interazione sempre più diretta e disintermediata
– da customerizzazione della comunicazione (contenuti e canali) a contestualizzazione dei contenuti e dei canali nei momenti di interesse e nei momenti di acquisto del cliente
– dal behavioural targeting a logiche di engagement più profondo volte a creare emozioni e contesti di linguaggio più naturali per il consumatore

…queste le linee guida del cambiamento.

Le agenzie di comunicazione e la multicanalità: tutto da rifare? (Giovanni Pola, marketing & sales director, Connexia)
 la complessità del cambiamento è dovuta principalmente a due fattori: (1) numerosità e ruolo degli attori nel processo di comunicazione; (2) numerosità e diversità degli strumenti

– tutto ciò significa che siamo in un momento di disgregazione della filiera classica. bisogna ridefinire alcuni obiettivi
– l’azienda non ha nessun controllo su private blogs, private forum, social networks e influencers (gli opinion leaders). in questi casi, bisognerà allora cercare di (1) condividere i miei contenuti con gli utenti e (2) cercare di coinvolgerli
– è necessario cercare di gestire questi strumenti di “conversazione di massa”: bisogna prima di tutto ascoltare (per capire cosa si dice/pensa di noi e capire chi sono gli opinion leader), poi ci si può presentare
– il rapporto andrà poi gestito sul medio e lungo periodo: nel momento in cui si decide questa strada, la partecipazione dovrà essere mantenuta attiva
– solo alla fine si potrà realizzare una propria “community brand” che giri attorno al nostro marchio
– innovazione quindi, ma anche contatto diretto e costante con i consumatori
– fare attenzione anche all’evoluzione dello strumento cellulare: es.lbs (local based service): servizio che permette di comunicare all’utente dove si trova il punto vendita del nostro marchio più vicino al luogo in cui si trova lui.

Verso il web 3.0

– enorme database di documenti
– intelligenza artificiale
– web semantico (i documenti sono legati tra loro tramite valenza semantica)
– geo spatial web (informazioni geolocalizzate) 

Per poter affrontare queste sfide è importante:

– lavorare molto anche sulla comunicazione interna
– ridefinire gli obiettivi comunicativi in funzione delle nuove esigenze dell’utente multicanale
– non pretendere il controllo totale: non è più possibile.


 [1] secondo daniele bologna, direttore di netforum e daily net, il multicanale in italia fatica ad affermarsi anche e soprattutto perché manca ancora, in larga parte, la tecnologia appropriata, come la banda larga

“Make the logo bigger”

ottobre 29, 2008

Oggi numero monotematico di Spot & Web sul tema “Big logos scare people”.
Aziende e creativi dicono la loro sul tema. Il quesito è: basta un logo più grande per farsi notare o può addirittura essere controproducente?

Le risposte in questo numero. E voi, cosa ne pensate?

link correlati:
http://www.eurobest.com/

Il business che viene dalla rete (dal seminario di Edelman)

Maggio 13, 2008

Ieri sera in casa Edelman si è parlato di “business che viene dalla rete” con aziende, giornalisti, opinion leader e la partecipazione straordianaria di Steve Rubel (frammenti della sua chiacchierata con i blogger qui ).
Programma ricco (molto di più di quanto mi aspettassi – l’invito dall’agenzia non faceva presagire un’agenda così interessante) e relatori tutti di ottimo livello.

Steve Rubel ha dato il via alla serie di interventi con “the landscape ahead of digital media”, una presentazione sugli scenari futuri dei media digitali con uno speciale focus sui nuovi approcci di comunicazione – ben sintetizzati dal grafico in basso – e dalle sue osservazioni contenute in questo  post

open collaboration and the future of Public Relations

Luca Colombo di Microsoft ci ha riportati Italia con una una panoramica dello scenario italiano per quel che riguarda audience e mercato pubblicitario.

Tra i giornalisti presenti, Marco Pratellesi direttore del corriere.it è intervenuto sul tema stampa e nuove tecnologie, per spiegare come cambia la professione giornalistica e il mondo dei media tradizionali nell’era digitale. Secondo Pratellesi il corriere online  sarebbe cresciuto (per numero di utenti e introiti pubblicitari), non tanto per l’abilità dei suoi redattori ma  “perchè è un trend”.
Una tendenza inarrestabile che ha rivoluzionato il mondo della carta stampata fino a metterne in discussione il modello di business e la sopravvivenza stessa – “se il giornale fosse affidato ai lettori under 20 sarebbe già morto”, ha affermato il giornalista nel corso del suo intervento.

Comunque i media delle persone, in particolare i blog, hanno portato le redazioni sul piano della conversazione ed ora i giornali sono una comunità aperta. Questo cambiamento invita i relatori pubblici, che con i giornalisti sono chiamati a dialogare, a un approccio diverso, meno invasivo (invio del comunicato > recall massivo, o peggio invio fax (c’è ancora chi lo fa) > recall) e più creativo dal punto di vista dei contenuti. Un invito a popolare le newsroom dei siti istituzionali con contributi testuali e soprattutto multimediali.

Luca De Biase ha ricordato il concetto di simbiosi della comunicazione e dall’informazione – “io non vivo senza te, tu non vivi senza me” – dal quale le aziende non possono prescindere se vogliono sperimentare nuovi canali di comunicazione. Poi ha parlato dell’esperienza di Nova 100.

A chiusura dell’evento, le interessanti testimonianze con ralativi esempi di utilizzo dei nuovi strumenti di comunicazione (blog e social network) nell’ambito della comunicazione d’impresa proposti da Edison (settore energia) e Costa Crociere.

Edison
http://www.edison.it/changethemusic/it/
nel quadro della responsabilità sociale d’impresa (RSI)
http://www.edison.it/edisonblog/
Corporate blogging

Costa Crociere
http://www.worldofcosta.com/
Social networking/Travel experience
http://www.worldofcosta.com/it/second_life.aspx
Digital Events

 

 

Edelman Trust Barometer 2008, parliamone un po’.

gennaio 25, 2008

Ieri sera alla Caffetteria degli Atellani (Mediateca) di via della Moscova, l’agenzia di relazioni pubbliche Edelman ha presentato Trust Barometer 2008 l’indagine mondiale condotta da Strategy One per misurare la fiducia riposta da 3.775 opinion leader di 18 Paesi nei confronti di: Istituzioni e governi, aziende, media, organizzazioni non governative, istituzioni religiose

Ne è scaturito un interessante dibattito moderato da Enrico Sasson, direttore della Harvard Business Review, tra Luca Virginio,  Direttore globale comunicazione corporate e reputazione di Procter & Gamble company, Giorgio Riva, Direttore Generale RCS Digital, Gianandrea Facchini, Responsabile del blog Bizandbuzz e Jere Sullivan, Executive Vice President Edelman Europe / Vice Chairman Edelman

Cosa è emerso? In pillole:

  • cresce – un po’ a sorpresa – la credibilità dei mainstream media (giornali, tv, radio, business magazines) – in sostanza le persone credono nei media che seguono. nella graduatoria della credibilità salgono anche i reports prodotti da analisti economici o esperti di mercati borsistici
  • Le istituzioni ritenute più credibili dagli opinion leader italiani sono le Organizzazioni non governative e le istituzioni religiose
  • La proverbiale sfiducia degli italiani nei confronti della propria classe politica si riflette anche nel giudizio degli opinion leader. La voce “Government” è la meno gettonata tra quelle oggetto d’indagine
  • Decresce anche la fiducia nelle aziende (-1% nella proiezione 2008 rispetto al 2007, ma -10% nel raffronto con il 2006). tra i principali indicatori di fiducia individuati dagli dai rispondenti rispetto alla credibilità delle aziende, al primo posto l’esperienza del prodotto, ma subito dopo, al secondo e al terzo posto il filone dei comportamenti socialmente responsanbili (attenzione al tema dei diritti umani e di comportamenti “business fair”). Tra i settori ritenuti più credibili dagli opinion leader italiani spiccano tecnologia, biotech e automotive, i meno credibili il settore assicurativo e quello bancario. Per migliorare la propria reputation queste aziende dovrebbero affidarsi all’endorsemet di accademici, rappresentati autorevoli di associazioni non governative :-), le elite più credibili secondo la ricerca. Quanto infine ai fattori che costruiscono la credibilità intorno a un brand, prevalgono nel nostro paese motivazioni di natura pratica, cioè direttamente connesse al prodotto/servizio offerto dalle imprese. Seguono fattori valoriali, industriale e localistici.

Nel corso del dibattito si è parlato del ruolo del ruolo della rete nella costruzione della reputazione delle aziende e dell’importanza di monitorare le community per avere in tempo reale la percezione di cosa la gente pensa di un’azienda o delle istituzioni in genere. In effetti rispetto ad altri media i consumer generated media rimangono i coda nella graduatoria della credibilità di Edelman. Solo problemi di accreditamento o c’è dell’altro? Forse le community online rappresentano soltanto delle nicchie di consenso, come nella natura di queste forme di comunicazione. Difficile quindi ricondurle nelle categorie applicate per rilevare la credibilità dei mainstream media.

Lo studio di Edelman va proprio in questa direzione. Chi influenzano questi media sociali? Amici, parenti, il proprio network professionale o di interessi. sono media per pensare, media periferici che arrivano dove i media tradizionali non arrivano ed è molto probabile che tra non molto media Media e CGM finiranno per integrarsi e dialogare più di quanto sia accaduto fino ad oggi.

La presentazione scaricabile in formato pdf  dal blog di Edelman Italia

Come ci si tutela in rete?

dicembre 11, 2007

Da quando Mastella è diventato blogger, per la verità non più tanto assiduo (solo 1 post a novembre), ci ha preso gusto ed ha anche aperto il suo myspace. Roba da non credere (cosa ci farà Mastella su myspace?). Infatti, non credeteci.  Si tratta di satira politica, sì anche sul web, stavolta senza censure però perchè la rete si autoregolamenta, il controllo viene esercitato dalla stessa community che dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – espellere quegli utenti che usano “toni forti”. E se ciò non accade, chi interviene? Con il recente dll sull’editoria si era cercato di “riordianare” anche chi svolge attività editoriale su internet facendo rientrare anche il popolo dei blogger all’interno delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa. Di fatto era qusta l’idea di fondo del decreto con l’obbigatorietà dell’iscrizione al Registro degli operatori di Comunicazione (ROC ).

Una procedura farraginosa che ha fatto letteralmente rivoltare il popolo della rete inducendo il governo a parlare di errore “la registrazione dei siti”. Dunque tutto rimarrà come prima. Andando oltre queste vicende già note però mi chiedo: come ci si tutela in rete? Il discorso vale soprattutto per personaggi pubblici e aziende e forse la soluzione è semplice. Ci si tutela monitorando, ascoltando, relazionandosi, cercado così di accrescere la propria reputazione sul Web.

ancora due spunti a proposito di tecnologie e diritti:

Chiacchiere e distintivo di Paolo Valdemarin
Blogger e giornalisti: cronaca di un “rapporto” difficile alcune mie considerazioni su diritto di cronaca, Web e dintorni